Un edificio dal
grande impatto architettonico questo è il Guggenheim Bilbao, con i suoi
1.011.363 di visite nel 2014 è il secondo museo più visitato della Spagna. Tra
i visitatori anche il famoso scrittore de “Il Codice Da Vinci” Dan Brown.
Andiamo a Bilbao per scoprire il perché di tanto successo.
Un edificio dal
grande impatto architettonico questo è il Guggenheim Bilbao, il secondo museo più
visitato della Spagna, dopo quello Nazionale Regina Sofia di Madrid, con oltre 1.011.363 di visite nel 2014, un numero che continua a
crescere visto l’incremento dell’8,6 % rispetto l’anno precedente. Tra i
visitatori, qualche mese fa, anche il famoso scrittore de “Il Codice Da Vinci” Dan Brown che nel libro delle firme ha scritto “ con i mio più
sincero ringraziamento per un’esperienza veramente rivelatrice“. Anche noi
come lui entriamo nel mondo del famoso museo basco per scoprire il perché di
tanto successo.
Il Museo Guggenheim
di Bilbao con una superficie di 24.000 m2 e un edificio
che si erge lungo le rive del Nerviòn, il fiume della città,
è stato definito, a buon ragione, uno dei più grandi edifici del nostro tempo. La sua
posizione è tale da poter essere riconosciuto in lontananza in tre
diversi punti di Bilbao, diventandone di fatto il simbolo. L’architetto, il canadese Frank Gehry, costruì l’edificio
ex-novo, rifiutando così l’idea iniziale dei finanziatori di collocare la
struttura in un vecchia fabbrica dismessa. Prendendo spunto e facendosi
ispirare da alcune delle sue più famose opere precedenti, come l’Auditorium
Walt Disney di Los Angeles o il Museo di Design Vitra di Basilea, Gehry creò una vera e propria opera d’arte a cielo aperto più che un museo.
L’ ingresso è posto a conclusione di
una delle arterie principali della città passante sotto il Ponte de La
Salve , di fatto il museo si trova a sei metri sotto il livello del
ponte, ma è a lui collegato mediante una rampa che, girando intorno
l’edificio e passando sul fiume, raggiunge una torre a spirale che porta al
ponte. Il tutto sembra incastonato nell'ambiente urbano, moderno e classico
vivono insieme senza interferire l’uno con l’altro.
La rampa, usata anche come spazio espositivo, sembra imprigioni una parte
del fiume, creando un laghetto artificiale usato per giochi d’acqua
notturni. E’ lì che troviamo la scultura più famosa del museo, il Ragno.
La sua presenza non è
casuale, racchiude in se il racconto del mito di Aracne, la mitica tessitrice, che volle sfidare la
dea delle arti, Atena, in una gara di tessitura. Vinse la dea, ma per la sua superbia, la donna fu
trasformata in un ragno destinato a tessere per sempre la sua tela. Il museo diventa così
l’opera con cui Aracne sfidò la dea, incarnando il desiderio
impossibile di raggiungere la perfezione artistica.
Il museo, esempio de filone architettonico del Decostruttivismo, con le sue forme ritorte e
curvilinee, ci anticipa quello che il visitatore vedrà al suo interno, cioè una serie di
esposizioni, alcune momentanee ed altre permanenti, di arte moderna
contemporanea.
Il Guggenheim di Bilbao è infatti uno dei tre
musei della fondazione Solomon R. Guggenheim, dal nome
dell’ideatore, un grande collezionista di opere d’arte, che nel 1939 costruì un
museo a New York per avvicinare il pubblico all'arte moderna e contemporanea. In seguito
furono creati quello di Venezia, negli anni ’80, ed infine quello di Bilbao, inaugurato il 18
ottobre 1997 alla presenza del re Juan Carlos.
I materiali usati per l’esterno sono diversi : il vetro, la pietra calcarea e il titanio, quest’ultimo doveva
in realtà simboleggiare l’acciaio che producevano le industrie della città. Infatti Bilbao, situata al centro
della Regione Autonoma dei Paesi Baschi, nel nord est della Spagna, era famosa per la produzione dell’acciaio. Dopo un
periodo di crisi dovuto alla delocalizzazione industriale e alle mire
indipendentistiche, la regione basca ne è uscita fuori grazie al museo e alla
rivalutazione storico-culturale del suo territorio. Oltre al titanio, che come
disse Gehry “si addice al cielo di Bilbao”, la struttura è resa ancora più metallizzata e lucida da una
superficie a squame, simili a quelle di un pesce, in onore del porto cittadino.
L’interno , centrato sul concetto
di contrappunto architettonico , collega i 19 spazi espositivi nei
tre piani del museo ,concatenati l’uno nell’altro , senza corridoi o porte. Le loro
forme,bizzarre ed irregolari, fanno vivere l’emozione di muoversi attraverso
spazi da sogno ed innaturali.La sala più grande, la Sala del Pez, con i suoi 170 m
di lunghezza, può contenere enormi opere espositive.
Siamo arrivati anche noi al libro delle firme come Dan Brown, ma descrivere
l’esperienza vissuta è difficile, meglio lasciare questo compito al suo
architetto:” Le città devono avere un’icona. Biblioteche ,ospedali, musei. Tra
100 anni la gente la guarderà e si chiederà – Che cos’è ?– e penserà –
Questa è Arte– ”.
« Las ciudades tienen que tener iconos. Bibliotecas, hospitales,
museos. Dentro de 100 años, la gente los verá y dirá: “¿Qué es eso?”. Y
pensará: es arte. » (Frank Gehry)
Fonti:
Testo a cura di Claudia Cepollaro
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